Neurosciencenews.com (vedi articolo originale: https://bit.ly/2PyJmrq) ha pubblicato un articolo interessante su due nuovi studi della USC (University of Southern California) che rivelano le implicazioni dell’inquinamento da particelle fini sull’intelligenza, o meglio sullo sviluppo del cervello e sulla salute neurologica nei bambini e nelle donne anziane.

Riassumo qui brevemente il contenuto dell’articolo, perché penso che queste informazioni debbano essere divulgate e le persone rese sempre più consapevoli di quello che stiamo facendo e delle conseguenze che nel tempo andremo a pagare o, ancora peggio, delle conseguenze che i nostri figli e i nostri nipoti pagheranno per noi.

L’università che ha svolto questi studi, la USC, è situata a Los Angeles, una delle città più inquinate degli Stati Uniti d’America, ed è quindi particolarmente sensibile all’argomento dell’inquinamento atmosferico, argomento rispetto al quale ha sviluppato un solido programma di ricerca, tanto è vero che i risultati dei suoi studi hanno portato a cambiamenti nelle linee guida statali e federali per migliorare gli standard di qualità dell’aria. 

L’inquinamento e lo sviluppo del cervello dei bambini

Uno degli studi più importanti della USC è il “Children’s Health Study” (studio sulla salute dei bambini), studio sugli effetti a lungo termine dell’inquinamento atmosferico sulla salute dei bambini, gestito da Megan Herting, della Keck School of Medicine di USC e pubblicato su Environment International (“Fine particulate matter exposure during childhood relates to hemispheric-specific differences in brain structure” by Megan Herting et al. Environment International).

Megan Herting e il suo team hanno fatto scansioni MRI a quasi 11.000 bambini di età compresa tra 9 e 10 anni, provenienti da 21 città degli Stati Uniti, e hanno confrontato ogni scansione con i dati annuali sull’inquinamento nella zona di residenza di ogni bambino. 

Lo studio dimostra che, anche a livelli relativamente bassi, l’esposizione al PM 2.5 (polveri sottili) influenza lo sviluppo del cervello dei bambini; confrontando i bambini altamente esposti con quelli che avevano avuto un’esposizione minore all’inquinamento da polveri sottili, hanno notato delle differenze. 

Per esempio, le aree del cervello associate alle emozioni erano più grandi nei bambini altamente esposti, mentre altre aree associate al funzionamento dei processi cognitivi erano più piccole.

L’inquinamento e il degrado delle capacità cognitive

Un altro studio, sempre dell’USC, pubblicato su Neurology (“Erythrocyte omega-3 index, ambient fine particle exposure and brain aging” ) ha mostrato che le donne tra i 65 e gli 80 anni esposte a livelli più elevati di inquinamento atmosferico, hanno sperimentato una maggiore diminuzione della memoria e una maggiore atrofia cerebrale simile all’Alzheimer, rispetto a donne nella stessa fascia d’eta, che respiravano aria più pulita.

I ricercatori hanno esaminato le risonanze magnetiche cerebrali di 1.315 donne di età compresa tra 65 e 80 anni, e i risultati dei loro esami del sangue, per determinare i livelli di acidi grassi omega-3 sani nel sangue.

I risultati dello studio dicono che le donne che vivono in luoghi con un PM 2.5 più alto, tendono ad avere una sostanza bianca più piccola nel cervello. La materia bianca costituisce la maggior parte del volume del cervello e la sua perdita può essere un indicatore precoce dell’Alzheimer.

Però, la buona notizia è che il danno causato dalle polveri sottili è notevolmente ridotto nelle donne con livelli ematici elevati di acidi grassi omega-3 perché ricercatori hanno scoperto che le donne con livelli ematici più elevati di omega-3 avevano volumi maggiori di sostanza bianca nel cervello. Quindi mangiare pesce potrebbe aiutare a proteggere il cervello delle donne dall’inquinamento da particelle fini.

Che sia arrivato il momento di agire?

I risultati di questi e di tanti altri studi, così come, forse, la tragica esperienza della pandemia covid, che a detta di qualcuno dipende almeno in parte dalla profonda alterazione degli equilibri naturali, dovrebbero portarci non solo a riflettere, cosa che stiamo già facendo da tempo, ma davvero ad agire.

Il che significa che dovremmo, individualmente e socialmente avere il coraggio di prendere delle posizioni serie, rinunciare a benefici e vantaggi economici, magari farci dei nemici, ma imporre dei cambiamenti che, almeno in parte sono possibili grazie a tecnologie alternative. Elon Musk docet.

Paola Velati