Le Organizzazioni Altamente Performanti (HPO: High Performing Organizations) sono:

“Imprese che continuano a produrre nel tempo risultati di rilievo con il massimo livello di soddisfazione e di impegno al successo da parte di tutte le persone coinvolte” (Ken Blanchard: La leadership per l’eccellenza)

Focus delle Organizzazioni Altamente Performanti

Le Organizzazioni Altamente Performanti sono focalizzate sull’essere:

Il fornitore d’elezione: il cliente è un ammiratore entusiasta, così da trasformarsi inconsapevolmente in venditore, promoter e sponsor del proprio fornitore.

Il datore di lavoro d’elezione: perché le persone ti seguono efficacemente solo se davvero lo desiderano.

L’investimento d’elezione: affinché qualcuno sia disposto a investire, deve credere nella capacità dell’azienda di produrre profitti nel tempo.

Caratteristiche delle Organizzazioni Altamente Performanti

Per poter essere il fornitore di elezione, il datore di lavoro di elezione e l’investimento di elezione, le aziende devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

S = Shared Information and Open Communication – Condivisione delle informazioni e chiarezza della comunicazione

C = Compelling Vision – Visione Coinvolgente

O = Ongoing Learning – Apprendimento Continuo

R = Relentless Focus On Customer Results – Attenzione Costante ai Risultati Relativi al Cliente

E = Energizing Systems and Structures – Sistemi e Strutture Energizzanti

S = Shared Power and High Involvement – Condivisione del Potere e Coinvolgimento

S = Shared Information and Open Communication- Condivisione delle informazioni e chiarezza delle comunicazioni

Fornire a tutti i membri dell’organizzazione informazioni in modo trasparente, produce molteplici benefici:

  • In primo luogo, crea fiducia. La mancanza di informazioni da adito a interpretazioni arbitrarie degli eventi e a letture dei comportamenti e delle decisioni prese dalla dirigenza, come negative e manipolatorie. In effetti, nelle aziende più tradizionali, nelle quali le informazioni non vengono condivise, si genera facilmente un senso di sfiducia tra i vertici e i sottoposti.
  • Altrettanto, se non ancora più importante, la condivisione d’informazioni mette le persone in condizioni di poter prendere decisioni consapevoli e di poter esprimere il proprio contributo.

Blanchard scrive:

“Fornendo ai collaboratori le informazioni di cui hanno bisogno e concedendo autonomia decisionale, sarete sorpresi della loro capacità di gestire i costi”.

A questo proposito riporta il seguente esempio, raccontando che uno dei suoi partner, che faceva consulenza presso una catena di ristoranti, chiese ai dipendenti quanto pensavano che fosse il margine di guadagno della proprietà.

I dipendenti diedero indicazioni diverse, da un 40 a un 70%, ma, quando ebbero l’evidenza delle informazioni, si stupirono molto e furono immediatamente in grado di trarre le dovute conclusioni, tanto che un dipendente, uno dei cuochi, disse: «Vuol dire che se brucio una bistecca che ci costa 6 dollari e che vendiamo a 20, con un il 5% di margine di profitto, dobbiamo venderne 6 a profitto 0 per rimediare al mio errore?».

La naturale conseguenza dell’avere dipendenti e collaboratori informati, responsabilizzati, allineati e coinvolti, è una maggiore efficacia, efficienza e produttività e un naturale contenimento dei costi.

C = Compelling Vision – Visione Coinvolgente

Se vuoi che le persone ti seguano volontariamente devi essere in grado di dir loro dove le porterai e dovrai anche assicurarti che la meta sia attraente.

Una visione coinvolgente:

  • crea una cultura forte, chiara e radicata nell’agire dell’azienda, sia internamente che esternamente e, perché sia efficace, deve essere utilizzata quotidianamente per indirizzare obiettivi, decisioni e comportamenti.
  • mobilita le forze volontarie, crea un perché forte, un motivo per l’azione, uno scopo significativo capace di suscitare entusiasmo e impegno.
  • orienta nella stessa direzione le energie delle persone, perché, insieme ai valori fornisce una guida per le azioni, le decisioni e i comportamenti quotidiani
  • crea rispetto e fiducia.

O = Ongoing Learning – Apprendimento Continuo

Le Organizzazioni Altamente Performanti sono impegnate a promuovere e a sostenere l’apprendimento e il miglioramento continuo, sia a livello individuale che dell’intera organizzazione.

Le Organizzazioni Altamente Performanti si impegnano a:

perseguire la conoscenza: verificando costantemente le opportunità e le minacce insite nel mercato, esplorando le nuove tecnologie, gli eventi globali, la concorrenza…

trasferire la conoscenza: negli ambienti più tradizionali spesso le informazioni e la conoscenza sono considerate come un vantaggio competitivo personale e gelosamente custodite a detrimento dell’intera organizzazione. Nelle HPO vengono messe a fattor comune, perché la crescita di ognuno si traduce nella crescita di tutti e dell’organizzazione stessa.

integrare la conoscenza in nuove iniziative imprenditoriali:

«L’unico modo per competere oggi consiste nel rendere obsoleto il proprio capitale intellettuale prima che lo facciano gli altri» (Michael Brown, ex CFO e Vice Presidente di Microsoft)

R = Relentless Focus On Customer Results – Attenzione Costante ai Risultati Relativi al Cliente

Tutto inizia e tutto finisce con il cliente:

  • l’esperienza del cliente è il metro di misura per valutare ogni cosa; i prodotti, i servizi e i processi vengono progettati in funzione delle esigenze del cliente, così da adattarsi in modo tempestivo alle richieste del mercato
  • le persone a contatto con il cliente dispongono di ampia autonomia, così che l’organizzazione possa rispondere velocemente alle necessità del cliente
  • tutti e ognuno sono responsabili nei confronti del cliente
  • le decisioni vengono prese ascoltando “la pelle” dell’organizzazione e cioè coloro che sono a diretto contatto con il cliente. Le organizzazioni altamente performanti stabiliscono un’autentica collaborazione con il cliente e ne ascoltano continuamente la voce.

Il segreto per ottenere clienti entusiasti è il seguente:

  • decidere che tipo di esperienza si vuole offrire al proprio cliente, perché se è vero che l’input del cliente è fondamentale, è anche vero che il cliente spesso può offrire solo delle indicazioni limitate, perché magari non è a conoscenza di alcune possibilità e manca di una visione generale
  • scoprire le sue specifiche esigenze e il suo punto di vista
  • offrire l’1% in più

Ecco alcuni esempi:

Trader Joe’s Grocery

La catena di alimentari Trader Joe’s Grocery supera le aspettative garantendo al cliente di trovare sempre il meglio di ciò che desidera.

Di recente Fay Kandarian, ricercatrice del progetto HPO Scores, ha constatato quanto ciò sia vero.

Un giorno, terminati gli acquisti, è arrivata alla cassa del supermercato, ma la cassiera, prima di battere il prezzo dei tulipani rossi che lei aveva scelto, ha controllato il mazzo e le ha consigliato di cercarne uno più fresco.

L’ha quindi accompagnata allo stand dei fiori, ha esaminato con attenzione tutti i tulipani rossi e infine ha scelto il mazzo più fresco, che si componeva però di fiori bianchi e rosa.

E dopo averne battuto il prezzo, le ha detto: «Questo mazzo rosso non possiamo metterlo in esposizione. Lo tenga lei come omaggio, potrà durarle ancora qualche giorno».

Questo è un esempio di come le organizzazioni altamente performanti incoraggiano il personale che è a contatto con il pubblico a offrirgli la migliore esperienza possibile e a ragionare dal suo punto di vista. (Ken Blanchard: La leadership per l’eccellenza)

 

Domo Gas

Un esempio che ci aiuta a chiarire questo punto è il caso di Domo Gas, la catena di distribuzione di carburanti full-service del Canada Occidentale, che ha tra i soci fondatori Sheldon Bowles, nostro emerito partner.

Negli anni settanta, quando il mercato si orientò verso le stazioni di servizio self-service, Sheldon sapeva bene che la gente non ama andare a fare rifornimento di benzina, ma che ci va solo perché non può farne a meno, e che il suo principale desiderio è di rimanere nella stazione il minor tempo possibile.

Con i soci, ideò quindi questa visione: una stazione di servizio dove fare rifornimento sia un’esperienza simile a un pit stop di Formula 1.

Il personale delle stazioni Domo Gas indossa una divisa rossa. Non appena il cliente entra con l’auto nel piazzale, due o tre addetti escono dal chiosco e lo raggiungono in pochi secondi, controllano i livelli del motore, lavano i vetri e riforniscono l’auto nel minor tempo possibile.

Una stazione di servizio californiana che aveva accolto questo concetto con grande entusiasmo pensò anche di offrire ai clienti una tazza di caffè e il giornale mentre gli addetti pulivano l’interno della loro auto con l’aspirapolvere, e di dare in omaggio un opuscolo sul quale era scritto: “P.S. Vendiamo anche carburanti”. (Ken Blanchard: La leadership per l’eccellenza)

Una volta deciso il tipo di esperienza che s’intende offrire al proprio cliente, bisogna poi scoprire anche il suo punto di vista al proposito. In buona sostanza, si tratta di scoprire che cosa avrebbe potuto rendere l’esperienza stessa ancora migliore.

Come?

  • Chiedendo e sollecitando il feedback.
  • Ascoltando il feedback senza alcun atteggiamento difensivo.
  • Implementando, se appropriato, il feedback del cliente nella pratica.

Ken Blanchard, prodigo di esempi, racconta:

Tom Cullen

Tom Cullen, che ha tenuto corsi alla scuola alberghiera della Cornell University, ci ha raccontato a questo proposito un episodio molto interessante.

Era a cena a New York, in un ristorante di classe in compagnia di una famiglia con un ragazzino di tredici anni e due bambini più piccoli.

Quando il cameriere porse ai tre bambini il menù dei piccoli, il più grande ci rimase male, allora il cameriere, leggendo prontamente l’espressione del suo viso, gli portò immediatamente un menù per adulti.

I più piccoli ordinarono i maccheroni al formaggio e, quando furono serviti, preferirono giocare con quel che avevano nel piatto e mangiarono molto poco. Tom assaggiò i loro maccheroni e li trovò i migliori che avesse mai mangiato.

Il cameriere chiese ai piccoli che cosa non andasse nel loro piatto, e loro risposero: «Sono cattivi, noi vogliamo i Kraft!». «Bene», fece lui, «se tornate qui domani sera, vi prometto che vi darò i Kraft».

Dove pensate che abbiano voluto andare a cenare quei bambini la sera dopo? Naturalmente, nello stesso ristorante.

Quando la famiglia si presentò al banco della reception, il cameriere li riconobbe e si diresse subito verso i bambini dicendo: «Speravo davvero che ritornaste, perché vi ho preso i maccheroni Kraft». Quindi andò in cucina e fu presto di ritorno con in mano una confezione di maccheroni Kraft al formaggio. (Ken Blanchard: La leadership per l’eccellenza)

E = Energizing Systems and Structures – Sistemi e Strutture Energizzanti

Questo criterio consiste nel saper creare sistemi e strutture, politiche e procedure che consentano di:

  • convogliare nella giusta direzione le energie del personale
  • facilitare e agevolare il lavoro, anziché, come spesso avviene, ostacolarlo

Poche regole semplici dentro le quali le persone possano muoversi liberamente.

Purtroppo, ancora oggi molte organizzazioni sono intrappolate in sistemi rigidi e complessi che impediscono alle persone di poter prendere iniziative e decisioni, così da soddisfare le richieste e le esigenze del cliente. Bisogna invece creare un “ambiente” governato dal cliente, dove il personale sia autorizzato a prendere le decisioni necessarie a soddisfarlo.

“Esiste ancora, ed è in ottima salute, la piramide tradizionale che lascia il cliente non accudito alla base della gerarchia”. (Ken Blanchard: La leadership per l’eccellenza)

Quello che spesso succede è che il personale dell’azienda, dovendo seguire procedure rigide e dovendo rispondere al proprio capo, cerchi di compiacere i vertici piuttosto che soddisfare il cliente.

Frasi come: «devo chiedere al responsabile», «questa è la politica dell’azienda, le regole non le ho scritte io», «io sono qui solo per lavorare, non posso farci niente», non si dovrebbero più sentire!

Ecco un esempio riportato sempre da Ken Blanchard:

Ritz Carlton

Horst Schultze, uno dei fondatori della catena alberghiera Ritz Carlton, si è ritirato alcuni anni fa dalla carica di presidente e CEO.

Sotto la sua direzione, dopo un periodo di orientamento e di formazione molto accurata, si metteva a disposizione di ogni dipendente un fondo di 2000 dollari che egli poteva usare a propria discrezione per risolvere problemi del cliente senza dover chiedere autorizzazioni, neppure al diretto superiore.

Schultze ha raccolto numerosi esempi di come il personale dei suoi alberghi abbia sfruttato questa responsabilità per fare la differenza.

Uno dei migliori riguarda un uomo d’affari che soggiornava in un Ritz Carlton di Atlanta. Quel giorno avrebbe dovuto recarsi a Los Angeles e poi da Los Angeles alle Hawaii, dove il giorno successivo, alle tredici, doveva tenere un discorso importante presso la multinazionale presso la quale lavorava.

Non si era organizzato perfettamente per il viaggio, così, mentre si recava in aeroporto, si accorse di aver dimenticato il portatile che conteneva le slide di Power Point che gli servivano per la presentazione.

Fallito il tentativo di cambiare i voli, chiamò il Ritz Carlton dicendo: «Avevo la tale camera e ho dimenticato lì il computer. Chieda al servizio pulizie di recuperarlo e di spedirmelo entro domani. Devono garantirmi la consegna per le dieci del mattino, perché devo assolutamente averlo per un discorso che devo tenere all’una».

Il giorno dopo Shultze passeggiava per l’albergo come era sua abitudine. Arrivato al servizio pulizie, chiese di Mary. «Non c’è», dissero i colleghi della donna, «è alle Hawaii». «Alle Hawaii?» domandò stupito. «E che cosa ci fa alle Hawaii?».

Questa fu la risposta: «Un ospite ha dimenticato qui il computer che gli serve per un intervento che deve tenere oggi all’una. Mary non si fida più delle consegne espresso, per cui ha preferito portarglielo di persona».

Se pensate che la donna abbia colto l’opportunità di farsi una vacanza alle Hawaii, sappiate che è tornata indietro con il volo successivo.

E sapete che cosa ha trovato al suo ritorno? Una lettera di encomio firmata da Schultze in persona e i complimenti da tutto il personale. Bene, questo significa davvero responsabilizzare i dipendenti e fornirli di ali per volare alto! (Ken Blanchard: La leadership per l’eccellenza)

S = Shared Power and High Involvement – Condivisione del Potere e Coinvolgimento

Una volta che si dispone di sistemi, strutture, processi “energizzanti”, capaci cioè di liberare le risorse, come fare per far sì che il personale li utilizzi volontariamente per esprimere il meglio di sé, quando spesso, nella realtà dei fatti è invece privo di impegno e di motivazione? Coinvolgendo le persone e condividendo il potere decisionale, conseguenza in parte naturale e scontata del creare strutture energizzanti con poche regole inderogabili ma ampi spazi di autonomia.

Facendo un piccolo passo aventi ed entrando più nello specifico, si tratta di sostituire la vecchia gerarchia con persone e team auto-gestiti. Scelta, tra l’altro, oggi quasi obbligatoria a causa del ridimensionamento delle aziende.

L’appiattimento della piramide organizzativa e il conseguente ampliamento dell’ambito di controllo dei singoli manager, costringe le aziende a responsabilizzare singoli e team.

La sostituzione della vecchia gerarchia con individui e team auto-diretti, oltre ad essere una scelta in qualche modo obbligatoria, si è rivelata anche una scelta utile e fruttuosa e vi sono una quantità di esempi di casi di successo, primo fra tutti quello eclatante della Semco Partners.

Blanchard porta l’esempio di Trader’s Joe, una catena di supermercati di nicchia. Trader’s Joe decise di trasferire ai punti vendita alcuni importanti poteri decisionali.

In seguito a questa decisione, nel giro di otto anni, la crescita annuale delle vendite passò dal 15 al 26%, con un aumento annuo del 10% per punto vendita, il volume complessivo delle vendite aumentò di oltre il 500% e il numero di punti vendita del 100%.

Se è vero che a questa crescita contribuirono molti altri fattori, è anche vero che uno dei più significativi venne identificato proprio nell’Empowerment.

Tutto questo sembra aver a che fare con il buon vecchio e antico buon senso.

Immagina un gruppo di collaboratori che abbia con te:

  • definito lo scopo ultimo dell’organizzazione e del lavoro quotidiano
  • condiviso le regole che governano le attività, i rapporti, i ruoli, i compiti e i comportamenti
  • abbia la possibilità di esprimersi e contribuire, l’autonomia di prendere alcune decisioni e il riconoscimento per il lavoro svolto,

Allora viene spontaneo immaginare che questi collaboratori abbiano una motivazione intrinseca e utilizzino volontariamente il massimo delle loro risorse e dei loro talenti.

Paola Velati