La terapia “Havening” e lo stress post-traumantico

I ricercatori della Nottingham Trent University hanno voluto verificare se l’approccio della terapia “Havening” potesse essere davvero efficace contro i disturbi dello stress post-traumatico.

“Havening” è il verbo transitivo della parola “haven”, che significa mettere in un luogo sicuro.

Questo approccio terapeutico è in circolazione da decenni, ma molti professionisti della salute mentale rimangono scettici, dato che non comporta alcun farmaco, conversazione o esposizione prolungata.

Lo stesso sito “Havening.org“, descrive così la tecnica: «la Tecnica Havening® è un metodo progettato per cambiare il cervello per de-traumatizzare la memoria e rimuovere i suoi effetti negativi sia dalla nostra psiche che dal nostro corpo. Come parte del suo protocollo, la tecnica Havening utilizza l’input sensoriale del tatto umano come strumento terapeutico che abbiamo identificato come Havening Touch®».

Parte della spiegazione sul suo funzionamento risiede nel fatto che il contatto umano provoca il rilascio di sostanze come l’ossitocina e la dopamina. Queste sostanze sono fondamentali per il nostro benessere psico-fisico.

Una prima ricerca

Lo studio è stato guidato dal Dr. Alexander Sumich, Professore Associato di Psicologia presso la Scuola di Scienze Sociali della NTU.

Tutti i partecipanti allo studio avevano vissuto un evento moderatamente traumatico almeno un mese prima della ricerca.

Tutti i soggetti dell’esperimento hanno partecipato a sessioni che prevedevano 4 diversi tipi di attività, come:

  • nominare animali che iniziano con lettere specifiche
  • cantare una canzone d’infanzia
  • pensare a foto di immagini felici
  • immaginare guardare una partita di tennis

Ogni partecipante doveva iniziare la sessione pensando al proprio evento traumatico primo dello svolgimento delle diverse attività.

Alcune di queste sessioni prevedevano anche le attività dell’Havenig touch, altre no. I  partecipanti sono stati assegnati casualmente alle une o alle altre.

I ricercatori hanno raccolto il feedback sull’andamento delle sessioni in tre momenti diversi:

  • prima della sessione
  • durante la sessione
  • dopo la sessione

I dati raccolti comprendevano:

  • le dichiarazioni dei partecipanti stessi sul proprio stato d’animo
  • i risultati di elettroencefalogrammi a cui i partecipanti sono stati sottoposti per tutta la durata della sessione

I risultati

I ricercatori affermano che i risultati di tutte le sessioni sono stati generalmente positivi e hanno dimostrato un potenziale terapeutico.

Nonostante ciò, le sessioni che incorporavano l’Havening Touch hanno accelerato la riduzione del disagio, anche con una sola sessione.

Gli stessi partecipanti alle sessioni che incorporavano l’Hvening Touch hanno dichiarato una maggiore riduzione del disagio rispetto all’evento traumatico, in confronto ai partecipanti alle sessioni che non la contenevano.

I risultati dell’elettro-encefalogramma hanno poi confermato tali dichiarazioni.

Una seconda ricerca

Un altro gruppo di ricerca della stessa Università, il gruppo Affect, Personality and the Embodied Brain (APE), che a sua volta fa parte del NTU School of Science and Technology Sport, Health and Performance Enhancement, sta sviluppando un altro studio.

Lo scopo di quest’ultima ricerca è quello di verificare se l’approccio terapeutico Havening possa aiutare gli atleti ad affrontare ricordi angoscianti di un evento o esperienza sportiva.

Se anche i risultati di questo studio si rivelassero positivi, come tutti ci auspichiamo, le applicazioni di questa tecnica potrebbero rivelarsi diverse e numerose.

Si tratta di una tecnica che, una volta compresa e acquisita attraverso un’adeguata preparazione, sembra essere semplice, veloce e alla portata di chiunque.

L’ultima considerazione che viene spontaneo fare, dopo un lungo periodo di distanziamento sociale, è quanto sia importante per tutti e ognuno di noi, la connessione e il contatto umano.

Paola Velati