Come sviluppare la memoria? Perché abbiamo vuoti di attenzione?

Una recente ricerca, svoltasi all’università di Stanford e pubblicata sulla rivista scientifica Nature nel mese di ottobre, studia la memoria per rispondere a tre domande fondamentali:

  • Per quale motivo le persone a volte ricordano e altre volte dimenticano?
  • Come mai alcuni hanno una memoria migliore di altri?
  • Il multitasking “sui media” incide negativamente negativamente sulla memoria? Se si, come?

La risposta a queste domande potrebbe portare a soluzioni per migliorare il livello di attenzione e  la memoria.

I risultati della ricerca potrebbero avere implicazioni utili anche relativamente a condizioni patologiche come il morbo di Alzheimer.

La dimensione delle pupille e le onde alpha

La ricerca, volta a monitorare i vuoti di attenzione in relazione alla memoria, è stata svolta su 80 soggetti di età compresa tra i 18 e i 26 anni.

I ricercatori hanno monitorato la dilatazione pupillare e l’attività elettrica del cervello tramite EEG, durante l’esecuzione di compiti come:

  • ricordare;
  • identificare le modifiche apportate ad apprendimenti precedenti.

In modo particolare sono state monitorate le onde alpha nella parte posteriore del cervello.

I ricercatori affermano che:

  • l’aumento delle onde alpha nella parte posteriore del cervello è stato correlato a perdita di attenzione;
  • le costrizioni nel diametro della pupilla sono collegate a cali delle prestazioni, come tempi di reazione più lenti e distrazione.

Wagner e Madore, responsabili del progetto, per misurare la capacità delle persone di mantenere l’attenzione, hanno misurato quanto i soggetti fossero in grado di valutare un cambiamento graduale in un’immagine.

Gli studiosi hanno invece valutato l’impatto del multitasking “sui media” anche chiedendo alle persone quanto fossero in grado di interagire con più fonti multimediali; per esempio inviare messaggi e guardare la televisione.

I ricercatori hanno poi confrontato le prestazioni di memoria tra i soggetti dell’esperimento e sono giunti alla conclusione che i risultati peggiori erano stati ottenuti da:

  • soggetti con una scarsa capacità di attenzione;
  • soggetti impegnati in attività multitasking più “pesanti”.

Wagner e Madore sottolineano che il loro lavoro dimostra una correlazione, e non un vero e proprio nesso causa/effetto. 

I ricercatori affermano infatti di non poter dire che il multitasking “sui media” causi direttamente difficoltà di attenzione e di memoria.

Prepararsi a ricordare

Secondo Wagner, gli studi sulla memoria si stanno sempre più concentrando su ciò che avviene prima dell’apprendimento e prima che si verifichi il “ricordo”.

Sembra che per poter ricordare, sia necessario essere pronti a farlo: essere consapevoli di voler o dover acquisire delle informazioni, avere un obiettivo in mente.

Dunque, la buona notizia è che alcuni degli elementi che possono facilitare la memorizzazione sono già sotto il nostro controllo.

Per esempio, la consapevolezza cosciente dell’attenzione, la prontezza a ricordare e le limitazioni delle distrazioni presenti nell’ambiente.

Come sostenere la memoria

Sebbene le strategie di cui sopra siano semplici e immediatamente applicabili da chiunque, i ricercatori sostengono che vi siano esercizi e interventi mirati a sostenere l’attenzione e a promuovere la memoria.

Questi esercizi e questi interventi sono chiamati “interventi a circuito chiuso” e sono un’area attiva di ricerca.

Tra questi esercizi e interventi a circuito chiuso, Wagner e Madore immaginano sensori oculari che rilevino i vuoti di attenzione in tempo reale in base alle dimensioni della pupilla.

La persona che indossa i sensori verrebbe così sollecitata a ri-orientare la propria attenzione sull’attività da svolgere, in modo da facilitare l’apprendimento e il richiamo delle informazioni.

Per poter memorizzare facilmente, le persone dovrebbero essere in grado di dirigere volontariamente e consapevolmente il proprio processo di pensiero.

Cosa che, peraltro, si può facilmente insegnare a fare senza bisogno di sensori!

Inoltre, potrebbe essere utile usare le “tecniche di memoria”. A questo proposito vedi l’articolo “tecniche di memoria” (https://bit.ly/2HWgqt8) sul nostro Portale.

La ricerca e l’Alzheimer

I progressi nella misurazione degli stati di attenzione e dell’uso degli obiettivi per guidare il ricordo, favoriscono anche una migliore comprensione della malattia o delle condizioni di salute che influenzano la memoria. 

I ricercatori affermano di avere, grazie allo studio in questione, l’opportunità di esplorare e capire in che modo le interazioni tra le reti cerebrali che supportano l’attenzione, l’uso degli obiettivi e la memoria si relazionano alle differenze individuali nella memoria negli anziani, sia indipendentemente che in relazione al morbo di Alzheimer.

Paola Velati