Dopo aver analizzato le differenze di stile comunicativo e di leaderhip femminile e maschile (Lo stile comunicativo femminile VS maschile) vediamo più nel dettaglio quali sono le caratteristiche della comunicazione al femminile e quei comportamenti tipici delle donne, che rischiano di essere penalizzanti per loro.

Si tratta di comportamenti appresi attraverso condizionamenti culturali, che potrebbero avere, in sé e per sé, anche valenze positive.

Facciamo soprattutto riferimento a un articolo molto interessante pubblicato dalla Harvard Business Review intitolato “Il potere della conversazione: chi viene ascoltato e perché”, scritto da Deborah Tannen, professore di linguistica alla Georgetown University.

Secondo questo articolo tali comportamenti e lo stile comunicativo che ne deriva, sono penalizzanti quando vengono messi in atto nel contesto professionale e, in modo particolare, nell’ambito delle grandi organizzazioni.

Questo dipende probabilmente da due ordini di fattori, il secondo dei quali è la diretta conseguenza del primo:

  • nelle organizzazioni, l’autorità formale deriva dalla posizione che si detiene. Ma l’autorità effettiva deve essere negoziata giorno per giorno. L’efficacia dei singoli manager dipende in parte dalla loro abilità nel negoziare l’autorità, o meglio l’autorevolezza, e dal fatto che gli altri rafforzino o vanifichino i loro sforzi. Il modo in cui lo stile comunicativo riflette lo status gioca un ruolo sottile nel collocare le persone all’interno di una gerarchia;
  • le grandi aziende sono tradizionalmente “abitate” e guidate da maschi e, di conseguenza, la cultura dominante è prevalentemente maschile. Essendo la cultura dominante maschile, questa naturalmente premia lo stile comunicativo e lo stile di leadership maschile.

Orientamento alle relazioni

Le donne sono attente ai rapporti e orientate alle dinamiche della relazione. Perciò, nella loro comunicazione evitano di usare affermazioni che mettano gli altri in una posizione di svantaggio.

Potremmo dire che fanno il possibile per “salvare la faccia”degli altri. Parallelamente, evitano di assumere posizioni di superiorità.

Utilizzo dei pronomi e attribuzione del credito

Usano spesso il pronome “noi”, anche in relazione a lavori che fanno da sole.

Gli uomini usano più spesso il pronome “io”, anche in relazione a lavori o risultati di gruppo.

La Tannen racconta che una donna ha spiegato che sarebbe sembrato troppo “autopromozionale” rivendicare il merito in modo ovvio dicendo: “L’ho fatto io”.

Eppure si aspettava, a volte invano, che gli altri sapessero che era il suo lavoro e le dessero il merito che lei non rivendicava per se stessa.

Il desiderio di non apparire presuntuose

Tendono ad apparire più umili, potremmo dire che tendono a minimizzare il proprio livello di sicurezza.

Una psicologa americana, Laurie Heatherington, ha svolto uno studio poi pubblicato sulla rivista Sex Roles. Chiesero a centinaia di studenti universitari di prevedere i voti del loro primo anno. Ad alcuni chiesero di prevederli pubblicamente e a qualcuno chiesero di prevederli privatamente.

I risultati hanno mostrato che:

  • più donne che uomini prevedevano voti inferiori per sé stesse se facevano le loro previsioni pubblicamente;
  • se facevano le loro previsioni in privato, le previsioni erano le stesse di quelle degli uomini e uguali a quelli che sarebbero poi stati i voti effettivi. 

Questo studio fornisce la prova che, ciò che si presenta come mancanza di fiducia, e cioè il prevedere voti inferiori per sé stessi,  non riflette il livello effettivo di fiducia, ma il desiderio di non sembrare presuntuose. Evidentemente, in qualche modo, alle donne viene insegnato ad essere umili.

Fare domande

Gli uomini fanno più fatica delle donne a fare domande. Per esempio, gli uomini hanno meno probabilità delle donne di fermarsi e chiedere indicazioni quando si sono persi.

Le donne sono più propense degli uomini a fare domande e, anche questo aspetto, ogni tanto ci penalizza.

Questo è un punto un po’ paradossale, perché il fare domande, di per sé, è segno di:

  • intelligenza, curiosità, desiderio di ben comprendere e andare a fondo delle questioni;
  • inoltre le domande sono un potente strumento di guida; un buon manager, coach, insegnante, genirotre, dovrebbe fare domande per meglio comprendere l’altro e per portarlo a riflettere e ad “arrivarci da solo”.

Tuttavia e nonostante tutto ciò, a volte, e in alcuni contesti culturali, le domande sembrano essere penalizzanti e inviare segnali negativi su:

  • competenza;
  • potere.

La persona che fa domande a volte rischia di essere percepita come incompetente.

Inoltre, le persone vengono giudicate non solo per come parlano, ma anche per come gli altri parlano a loro. La persona che fa domande rischia di “ricevere lezioni” e sembrare un novizio sotto la tutela del maestro. Di conseguenza, il fare domande potrebbe mettere la persona in una posizione “down” rispetto al proprio interlocutore e interferire così con le dinamiche del potere.

A volte, le domande sono semplicemente rituali, e ciononostante, la Tannen scrive:

Poiché è più probabile che le donne assumano (o accettino) il ruolo di chi cerca consigli, gli uomini sono più inclini a interpretare una domanda rituale di una donna come una richiesta di consiglio.

Mi scusi!

Le donne tendono a scusarsi più frequentemente dagli uomini.

Possiamo dire ««Scusami!» con accezioni diverse:

  • per scusarci effettivamente;
  • come forma verbale ritualizzata di cortesia.

Sembra che, in entrambi questi casi, le scuse vengano spesso percepite come sego di “debolezza” piuttosto che di cortesia.

Mi dispiace!

Anche questa è una frase che le donne utilizzano più degli uomini.

E quanto detto per l’espressione «Scusami». vale, esattamente allo stesso modo per «Mi dispiace».

Anche questa è una frase che può avere la doppia accezione di cui sopra. Posso dirlo per scusarmi o come forma ritualizzata di cortesia. E anche in questo caso, viene spesso percepita come sego di “debolezza” piuttosto che di cortesia.

Feedback

Le donne sono più propense degli uomini a chiedere un feedback relativamente al proprio operato, e chiedono feedback sia alle donne che agli uomini.

Ma, dato che gli uomini sono piuttosto inclini ad assumere posizioni di vantaggio per sé stessi e spesso, per poterlo fare, tendono a mettere gli altri in una posizione “down”, ecco che in tal modo le donne si espongono alle critiche.

Complimenti

Le donne sono più portate a fare complimenti al prossimo, e come abbiamo già visto, ad attribuire ad altri il merito.

Questo lodevole comportamento ti si può facilmente rivoltare contro se il tuo interlocutore dovesse avere, come potrebbe accadere con le persone di sesso maschile, intenzioni opposte.

A tal proposito, la Tannen scrive:

Se una persona sta cercando di ridurre al minimo le differenze di status, mantenere la percezione che tutti siano uguali e mettere l’altro in buona luce, mentre l’altra persona sta cercando di mantenere la posizione “one-up” ed evitare di essere posizionata come “one-down”, quest’ultima è probabile che ottenga quello che vuole.

 

Allo stesso tempo, è probabile che la persona che non ha fatto alcuno sforzo per evitare la posizione “one-down” finisca per trovarsi proprio in quella posizione.

Rituali comunicativi

Riassumendo quanto detto finora risulta che uomini e donne hanno rituali comunicativi diversi:

  • le donne tendono a scusarsi, mitigare le critiche con lodi e scambiarsi complimenti;
  • gli uomini tendono ad aspettarsi che la presentazione delle idee sia una specie di “lotta rituale”: presentano le proprie idee nella forma più certa e assoluta possibile e aspettano di vedere se vengono messe in discussione. Parallelamente, sfidando le idee dei colleghi.

Il rituale maschile può funzionare bene quando tutti lo condividono. Per esempio, quando un uomo si confronta con un uomo. Ma quando un uomo si confronta con una donna, può accadere che la donna:

  • viva questa modalità di confronto come un attacco personale;
  • entri in una modalità di protezione che potrebbe essere percepita come debolezza o di insicurezza rispetto al proprio punto di vista;
  • fatichi a dare il meglio di sé in un ambiente che percepisce come conflittuale;
  • prenda le obiezioni come un’indicazione che le sue idee sono scadenti, e vi rinunci.

Autopromozione

Le donne tendono a pensare che sia sufficiente fare un buon lavoro per essere promosse e per fare carriera.

Gli uomini, al contrario, fanno il possibile per essere “visti” da chi ha il potere di decidere del loro futuro professionale.

A questo proposito, Deborah Tannen scrive:

In tutte le aziende che ho visitato, ho osservato cosa accadeva all’ora di pranzo.

 

Ho visto giovani uomini che pranzavano regolarmente con il loro capo e uomini anziani che mangiavano con il grande capo.

 

Ho notato molte meno donne che cercavano la persona di più alto livello con cui poter mangiare.

E come è ben noto a tutti, è più probabile che si ottenga riconoscimento per il lavoro svolto quando c’è un canale di comunicazione diretto con le persone in posizione di potere.

Comunicazione “indiretta”

La comunicazione può essere diretta o indiretta:

  • diretta: la tendenza di dire ciò che s’intende senza spiegarlo con molte parole;
  • indiretta: la tendenza a “girarci intorno” e/o a “indorare la pillola”.

La Tannen sostiene che tanto gli uomini quanto le donne a volte comunichino in modo indiretto, anche se le donne tendono a farlo più degli uomini.

Tuttavia, l’aspetto interessante è che donne e uomini tendono a comunicare in modo indiretto in situazioni diverse. Infatti, è più probabile che:

  • le donne siano indirette quando si tratta di dire agli altri cosa fare;
  • gli uomini siano indiretti quando si tratta di ammettere colpe o debolezze.

A questo proposito, l’autrice porta un altro esempio interessante di come una comunicazione indiretta, spesso più efficace, paradossalmente in certi ambienti possa essere controproducente per la carriera:

Una dirigente, dovendo correggere un errore commesso dalla sua segretaria, lo ha fatto riconoscendo che esistevano circostanze attenuanti. Le ha detto, sorridendo: “È difficile fare le cose qui, non è vero, con tutte queste persone che entrano!” 

 

È un modo efficace per comunicare? Ci si deve chiedere, efficace per cosa? La manager in questione ha creato un ambiente positivo nel suo gruppo e il lavoro è stato svolto in modo efficace. 

 

D’altra parte, numerose donne in molti campi diversi mi hanno detto che i loro capi affermano di non proiettare la giusta autorità.