Sembra che lo stile comunicativo femminile comporti, per le donne, vantaggi e svantaggi allo stesso tempo rispetto a quello maschile.

Infatti, partendo dall’assunto che Il tema dello stile comunicativo sia strettamente legato al tema dello stile di leadership, studi e ricerche dimostrano che:

  • lo stile femminile di leadership è allineato ai principi della “Nuova Leadership”;
  • lo stile comunicativo delle donne è spesso penalizzante per quanto riguarda le loro prospettive di carriera e di guadagno. E questo è particolarmente vero all’interno delle grandi organizzazioni.

Lo stile di Leadership femminile

Lo stile di leadership femminile

Il tema della leadership femminile è un tema “caldo”, in quanto le donne assumono sempre più spesso ruoli di leadership, una volta tradizionalmente occupati solo da maschi.

Man mano che questo avviene, emergono numerose differenze tra lo stile di leadership delle donne e quello più tipico degli uomini.

E questo potrebbe anche essere uno dei motivi per i quali gli uomini spesso faticano ancora a riconoscere e validare le donne in posizioni apicali.

A questo proposito sono stati svolti numerosi studi, uno su tutti è quello svolto da Alice Eagly e Mary C. Johannensen-Schmid della Northwestern University e intitolato “Gli stili di leadership di donne e uomini”.

Riassumendo i risultati del suddetto studio, le donne:

  • hanno uno stile di leadership più democratico;
  • mostrano attenzione ai bisogni individuali;
  • manifestano comportamenti che motivano i collaboratori;
  • s’impegnano per la crescita e lo sviluppo delle capacità dei collaboratori;
  • mostrano ottimismo ed entusiasmo per gli obiettivi futuri.

Gli uomini:

  • hanno uno stile di leadership più autocratico;
  • rispetto alle donne, prestano maggiore attenzione ai problemi e agli errori compiuti dai propri collaboratori;
  • aspettano che i problemi diventino davvero rilevanti prima di risolverli;
  • non sono presenti e coinvolti in prima persona nei momenti critici.

La condizione femminile

La condizione femminile

È un tema che abbiamo già affrontato in un articolo precedente: “L’assertività al femminile sul posto di lavoro”.

Citando il suddetto articolo, riporto un unico dato:

Da dati ufficiali, come quelli presentati dal “Gender gap report” del World Economic Forum, emerge che, nel mondo attuale, le donne, a parità di competenze con gli uomini:

  • fanno più fatica a fare carriera;
  • guadagnano meno.

Jordan Peterson, psicologo clinico e accademico canadese, afferma che questo dipende da diversi fattori, e cioè che i motivi risiedono in un’equazione con molte variabili. Peterson sostiene che il 5% di queste variabili sia imputabile allo stile comunicativo.

Che cos’è lo stile comunicativo

Lo stile comunicativo

Se lo stile comunicativo fa una così grande differenza in termini di risultati oggettivi, allora vale la pensa di approfondire l’argomento.

Argomento al quale abbiamo già accennato nell’articolo sopra citato, dicendo che in linea generale esistono tre stili comunicativi fondamentali:

  • agressivo;
  • passivo;
  • assertivo.

In questo articolo vorrei però esplorare un po’ più a fondo l’argomento. Perciò, che cos’è lo stile comunicativo?

Ogni comunicazione è fatta tanto di forma quanto di sostanza:

  • la sostanza è il contenuto del messaggio, quello che dico;
  • la forma è, appunto, la forma del messaggio, il come dico quello che dico.

Spesso accade che prestiamo attenzione conscia a quello che diciamo, ma non prestiamo altrettanta attenzione agli aspetti paraverbali e non verbali della nostra comunicazione e al “tipo” di linguaggio che adottiamo.

Lo stile comunicativo è quindi il modo di parlare tipico di una persona e si riferisce a fattori quali:

  • la velocità, il volume, le pause, il tono, l’articolazione (come scandisci le parole), l’intenzione comunicativa (data dalla combinazione di tempo, tono e volume);
  • la postura, la gestualità e la mimica;
  • il tipo di linguaggio, che può essere più astratto o più “basato su fatti e dati oggettivi”:
  • l’utilizzo di diminutivi, vezzeggiativi, iperboli, metafore, piuttosto che un linguaggio “asciutto” e pragmatico;
  • l’essere diretti o indiretti nella comunicazione.

A questo proposito, la Harvard Business Review ha pubblicato un articolo molto interessante intitolato “Il potere della conversazione: chi viene ascoltato e perché”, scritto da Deborah Tannen, professore di linguistica alla Georgetown University.

L’articolo è ben scritto e molto interessante, e cercherò di riassumerne i concetti fondamentali.

Veni ascoltato?

Vieni ascoltato?

Per rispondere a questa domanda, il suddetto articolo riporta un paio di esempi interessanti.

Ecco il primo esempio:

Il capo di una grande divisione di una multinazionale stava conducendo un incontro dedicato alla valutazione delle prestazioni.

 

Ogni senior manager si è alzato in piedi, ha esaminato le persone del suo gruppo e le ha valutate per la promozione.

 

Sebbene ci fossero donne in ogni gruppo, nessuna di loro ce l’ha fatta. Uno dopo l’altro, ogni manager ha dichiarato che ogni donna del suo gruppo non aveva la fiducia in sé stessa necessaria per essere promossa.

 

Il capo della divisione iniziò a dubitare delle sue orecchie. Come è possibile che tutte le donne di talento della divisione soffrissero di mancanza di fiducia in sé stesse?

Il secondo esempio:

L’amministratore delegato di una grande società mi ha detto che spesso deve prendere decisioni in cinque minuti su questioni su cui altri potrebbero aver lavorato cinque mesi.

 

Ha detto che usa questa regola: se la persona che fa la proposta sembra fiduciosa, l’amministratore delegato la approva. In caso contrario, dice di no.

 

Questo potrebbe sembrare un approccio ragionevole. Ma il mio campo di ricerca, la sociolinguistica, suggerisce il contrario.

 

Il CEO ovviamente pensa di sapere come “suona e appare” una persona sicura di sé. Ma il suo giudizio, che può essere assolutamente giusto per alcuni, può essere assolutamente sbagliato per altri.

I due esempi sopra riportati confermano che:

  • le persone che “appaiono” insicure vengono prese meno sul serio;
  • lo stile comunicativo femminile, spesso non sufficientemente assertivo, rischia di trasferire insicurezza e di non trasferire appieno il valore della persona;
  • una persona con uno stile comunicativo passivo o non abbastanza assertivo non è necessariamente insicura, in quanto, come vedremo, lo stile comunicativo è anche frutto di condizionamenti culturali;
  • il medesimo stile comunicativo viene percepito diversamente in funzione del contesto culturale nel quale si esprime.

I condizionamenti culturali

I condizionamenti culturali

Per dimostrare quanto i condizionamenti culturali influiscano sullo stile comunicativo, riporto di nuovo un paio di esempi tratti dal suddetto articolo della Tannen.

Il primo esempio:

Quando Bob, che è di Detroit, ha una conversazione con il suo collega Joe, di New York City, è difficile per lui dire una parola, perché si aspetta una pausa leggermente più lunga tra i turni rispetto a Joe.

 

Una pausa di quella lunghezza non arriva mai perché, prima che ne abbia la possibilità, Joe percepisce un silenzio imbarazzante, che riempie con altre sue chiacchiere.

 

Entrambi gli uomini non riescono a rendersi conto che le differenze nello stile di conversazione si stanno mettendo in mezzo.

 

Bob pensa che Joe sia invadente e disinteressato a ciò che ha da dire, e Joe pensa che Bob non abbia molto da dare.

Il secondo esempio:

Allo stesso modo, quando Sally si è trasferita dal Texas a Washington, DC, ha continuato a cercare il momento giusto per intervenire durante le riunioni del personale, e non l’ha mai trovato.

 

Sebbene in Texas fosse considerata estroversa e sicura di sé, a Washington era percepita come timida e riservata. Il suo capo le ha persino suggerito di seguire un corso di formazione sull’assertività.

Le conclusioni che l’autrice dell’articolo trae da questi due esempi, sono le seguenti:

Così lievi differenze nello stile conversazionale – in questi casi, pochi secondi di pausa – possono avere un impatto sorprendente su chi viene ascoltato e sui giudizi, anche psicologici, che si danno sulle persone e sulle loro capacità.

Esistono differenze tra lo stile maschile e femminile

Esistono differenze tra lo stile maschile e femminile

Lo so, lo abbiamo già detto! Anzi, è proprio l’assunto di partenza di tutto l’articolo. Ti ricordo che lo afferma con molta forza e chiarezza Jordan Peterson, sostenendo che lo stile comunicativo femminile, tendenzialmente diverso da quello maschile, rappresenta il 5% dei motivi per i quali le donne, a parità di competenze con gli uomini, guadagnano meno e fanno più fatica a fare carriera.

A tal proposito, la Tannen afferma:

In ogni comunità nota ai linguisti, i modelli che costituiscono lo stile linguistico sono relativamente diversi per uomini e donne.

 

Ciò che è “naturale” per la maggior parte degli uomini che parlano una determinata lingua è, in alcuni casi, diverso da ciò che è “naturale” per la maggior parte delle donne.

 

Questo perché fin da bambini impariamo, soprattutto dai coetanei, diversi modi di parlare, e i bambini tendono a giocare con altri bambini dello stesso sesso.

L’autrice afferma inoltre che la ricerca, sia di psicologi che di sociologi, che hanno osservato i bambini giocare, dimostra delle sostanziali differenze comportamentali e comunicative, tra maschi e femmine.

Andiamo ora a vedere quali sono queste sostanziali differenze.

Il gioco delle bambine

Il gioco delle bambine

La ricerca dimostra che, le bambine:

  • tendono a giocare con un solo migliore amico o in piccoli gruppi;
  • passano molto tempo a parlare;
  • usano il linguaggio per creare vicinanza. Per esempio, la ragazza a cui racconti i tuoi segreti diventa la tua migliore amica;
  • minimizzano i modi in cui uno è migliore degli altri;
  • enfatizzano i modi in cui sono tutti uguali;
  • fin dall’infanzia, la maggior parte delle ragazze impara che sembrare troppo sicure di sé le renderà impopolari tra i loro coetanei, anche se nessuno prende davvero alla lettera tale modestia;
  • un gruppo di ragazze ostracizzerà una ragazza che richiama l’attenzione sulla propria superiorità e la criticherà dicendo: “Pensa di essere qualcosa”;
  • una ragazza che dice agli altri cosa fare è chiamata “prepotente”;
  • così le ragazze imparano a parlare in modi che creino equilibrio tra i propri bisogni e quelli degli altri.

Il gioco dei bambini

Il gioco dei bambini

I maschietti invece:

  • di solito giocano in gruppi più grandi in cui possono essere inclusi più ragazzi, ma non tutti sono trattati alla pari;
  • spesso uno o più ragazzi sono visti come leader del gruppo;
  • i ragazzi con uno status elevato nel gruppo enfatizzano, piuttosto che minimizzare, il loro status;
  • generalmente non si accusano a vicenda di essere prepotenti, perché ci si aspetta che il leader dica ai ragazzi di rango inferiore cosa fare;
  • usano il linguaggio per negoziare il proprio status nel gruppo mostrando le proprie capacità e conoscenze;
  • sfidano gli altri e resistono alle sfide;
  • dare ordini è un modo per ottenere e mantenere il ruolo di alto rango. Un altro modo è quello di prendere il centro della scena raccontando storie o barzellette.

I modelli infantili vengono mantenuti in età adulta

I modelli infantili vengono mantenuti in età adulta

Le differenze sono tali che le conversazioni tra maschi e femmine assomigliano spesso a una comunicazione interculturale.

Deborah Tannen sostiene anche che gli stili comunicativi appresi durante l’infanzia si mantengono e si trasferiscono nell’età adulta anche, e forse soprattutto, nell’ambito professionale.

A questo proposito, l’autrice riporta un esempio semplice ma molto esplicativo, che è il seguente:

Una grande azienda multinazionale organizzò un focus group per valutare una politica di orario flessibile implementata di recente.

 

I partecipanti si sedettero in cerchio e discussero del nuovo sistema. Il gruppo concluse che era eccellente, ma concordarono modi per migliorarlo.

 

Secondo le mie stesse osservazioni e i commenti dei partecipanti, l’incontro andò bene e fu considerato un successo. Ma il giorno dopo, ebbi una sorpresa.

 

Avevo lasciato la riunione con l’impressione che Phil fosse responsabile della maggior parte dei suggerimenti adottati dal gruppo.

 

Ma mentre scrivevo i miei appunti, notai che Cheryl aveva dato quasi tutti quei suggerimenti.

 

Avevo pensato che le idee chiave provenissero da Phil perché aveva raccolto i punti di Cheryl e li aveva sostenuti, parlando più a lungo rispetto a lei.

 

Sarebbe facile ritenere che Phil avesse “rubato” le idee e le intuizioni di Cheryl , ma sarebbe impreciso.

 

Phil non ha mai rivendicato le idee di Cheryl come sue. La stessa Cheryl mi disse in seguito di aver lasciato la riunione fiduciosa di aver contribuito in modo significativo e di aver apprezzato il supporto di Phil.

 

Disse, con una risata, “Non è la prima volta in cui una donna dice qualcosa e viene ignorata, poi un uomo lo ripete e viene ascoltato”.

 

In altre parole, Cheryl e Phil hanno lavorato bene come una squadra, il gruppo ha adempiuto al suo incarico e l’azienda ha ottenuto ciò di cui aveva bisogno. Allora, qual è il problema?

 

Tornai indietro e chiesi a tutti i partecipanti chi pensavano fosse stato il membro più influente del gruppo, quello più responsabile delle idee che erano state adottate. Lo schema delle risposte fu una rivelazione:

 

  • le altre due donne del gruppo fecero il nome di Cheryl;
  • due dei tre uomini hanno fatto il nome di Phil;
  • degli uomini, solo Phil fece il nome Cheryl.

 

In altre parole, in questo caso, le donne valutarono il contributo di un’altra donna in modo più accurato rispetto agli uomini.

 

Incontri come questo si svolgono quotidianamente nelle aziende di tutto il paese.

 

A meno che i manager non siano insolitamente bravi ad ascoltare attentamente quello che le persone dicono e come lo dicono, i talenti di qualcuno come Cheryl potrebbero essere sottovalutati e sottoutilizzati.